RUBRICHE | LO SAPEVI CHE... Romanzo Storico (parte IV)

Ritratto di Alessandro Manzoni


Nel Settecento la produzione romanzesca italiana era stata di scarso rilievo, per lo più costituita da riprese o addirittura da imitazioni di alcuni modelli inglesi o francesi, con l'eccezione delle Ultime lettere di Jacopo Ortis del Foscolo, la cui stesura risale al 1798 anche se la prima pubblicazione avvenne nel 1801.
Il romanzo foscoliano, di forma epistolare, non può essere considerato un romanzo storico.
Vi è sì uno stretto legame fra la vicenda storica (caduta della Repubblica di Venezia) e la vicenda individuale; tuttavia, il punto di vista strettamente soggettivo esclude quel carattere di ricostruzione di un mondo e di un'epoca che sta alla base del romanzo storico.

Durante i primi anni della Restaurazione apparvero in Italia opere dai caratteri non ancora chiaramente definiti, come la novella storica Il castello di Binasco della scrittrice torinese Diodata Roero Saluzzo, ambientata nel Trecento e pubblicata nel 1819.
A favorire la diffusione del genere fu anche la situazione politica del paese che spronava i romanzieri a farsi portavoce delle vicende storiche dell'Italia susseguitesi dal Medioevo al Risorgimento, allo scopo di mostrare esempi eroici di libertà e resistenza all'oppressione dello straniero (si parla infatti di romanzo storico risorgimentale).
La soluzione di convogliare esortazioni, speranze e ideali patriottici all'interno di vicende ambientate in un passato remoto, quindi apparentemente svincolate dalla situazione politica presente, era peraltro imposta da circostanze oggettive: permetteva, cioè, di aggirare la censura.
C'è da dire, inoltre, che nelle letterature europee del primo Ottocento il romanzo aveva già raggiunto un notevole sviluppo, che seguiva la fortuna settecentesca del romanzo epistolare, di quello diaristico e di quello di formazione.
In Inghilterra stava prendendo piede il romanzo gotico e in Francia, come già detto, il romanzo sociale psicologico.
In Italia tutte queste esperienze non riuscivano a penetrare; la fortuna del romanzo storico in Italia va anche attribuita, quindi, alla minor presa delle nuove tendenze europee.
Anche se la maggior parte di questi romanzi non si ricorda né si legge più, tra essi si annoverano I Lambertazzi e i Geremei di Defendente Sacchi e Il castello di Trezzo di Giambattista Bazzoni (entrambi usciti nel 1827), diversi titoli di Carlo Varese (Sibilla Odaleta. Episodio delle guerre d'Italia alla fine del secolo XV, La fidanzata ligure ossia usi, costumanze e caratteri dei popoli della Riviera ai nostri tempi, I prigionieri di Pizzighettone, Falchetto Malaspina, Preziosa di Sanluri ossia i Montanari sardi, Torriani e Visconti), e soprattutto la punta di diamante di questa vasta produzione: I promessi sposi.

L'anno fondamentale per il romanzo storico in Italia fu il 1827: fu allora che Alessandro Manzoni concluse la prima versione, chiamata appunto ventisettana (la seconda, e definitiva, è del 1840) del suo capolavoro ambientato nella Milano del Seicento, dopo essersi a lungo documentato partendo dalla Historia Patria dello storico milanese Giuseppe Ripamonti e dopo aver attentamente riflettuto sulle caratteristiche e sugli scopi del genere letterario che si accingeva ad affrontare (anni dopo, nel 1845, lo scrittore diede anche alle stampe il saggio Del romanzo storico ed in genere de' componimenti misti di storia e invenzione).
Manzoni conosceva i romanzi di Scott e la lettura di Ivanhoe gli era stata di ispirazione già per Adelchi (tragedia ambientata al tempo della discesa in Italia di Carlo Magno), ma tra i due scrittori vi è una grande differenza.
Infatti, mentre l'opera di Scott aveva il principale intento di appassionare e divertire il lettore, Manzoni fece de I promessi sposi un romanzo a tesi storica, religiosa, morale; il lettore è chiamato a divenire consapevole di come sia il mondo, di quale sia la natura delle relazioni umane, di quale sia il significato dell'esistenza e della storia.
Nell'introduzione, proclama l'opera come un manoscritto ritrovato e riadattato dal passato; espediente già utilizzato da Scott in Ivanhoe (e utilizzato anche in opere successive di altri autori, ad esempio La lettera scarlatta di Nathaniel Hawthorne).
Inoltre dichiara di aver effettuato ricerche tra i documenti originali e le relazioni storiche dell'epoca, e nei primi capitoli fa espliciti riferimenti alle leggi del tempo.
Con questi accorgimenti l'autore intende rinsaldare il 'patto' di fiducia con il lettore, rassicurandolo sulla verosimiglianza dei fatti narrati.
In ogni modo, ne I promessi sposi le vicende di pura invenzione si intrecciano senza stridori, anzi si armonizzano perfettamente con i fatti storici avvenuti nel milanese tra il 1628 e il 1630 (carestia, tumulto di San Martino, guerra per la successione al Ducato di Mantova, calata dei Lanzichenecchi, peste del 1630).
Il grande valore e il successo di questa sua opera contribuirono ulteriormente alla diffusione del romanzo storico in Italia.


Enrico

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