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Walter Scott, autore di Waverley |
Waverley dello scrittore scozzese Walter Scott, pubblicato nel 1814, è considerato il capostipite del romanzo storico.
I romanzi di Scott ebbero un rapido successo e un'ampia
diffusione in Europa e furono tradotti in diverse lingue, dando luogo a
una vera e propria fioritura di storie di tipo anglosassone o narrativa
storica in diversi paesi.
Secondo il filosofo György Lukács,
Walter Scott fu il primo romanziere a non considerare la storia come
una mera cornice all'interno della quale collocare vicende di stampo
moderno.
Fino a Scott, infatti, nei romanzi ambientati in epoche
passate, i pensieri, la psicologia e i comportamenti dei personaggi
riflettevano quelli dell'epoca cui apparteneva il loro autore.
Scott non modernizza mai le psicologie; descrive invece con precisione
le condizioni di vita del periodo storico in cui ambienta i suoi
romanzi, in modo che i comportamenti che ne scaturiscono non siano
considerati dal lettore come curiosità storica, ma come tappe
dell'evoluzione dell'umanità.
La produzione di Scott fu influenzata dai mutamenti che avevano modificato il volto dell'Europa: la rivoluzione francese
aveva segnato profondamente il vecchio continente.
Probabilmente allora
per la prima volta il popolo aveva giocato un ruolo fondamentale nella
storia; o comunque, per la prima volta il suo "peso" era stato notato:
era apparso evidente come il corso della storia potesse essere
influenzato non solo dalle grandi personalità, ma anche dalle persone
comuni.
I già citati Waverley e Rob Roy narrano vicende legate alla storia della Scozia e hanno come protagonista un "eroe
medio": un personaggio che si colloca in un punto di intersezione tra
diversi gruppi sociali, così da consentire all'autore, attraverso il
conflitto tra i gruppi stessi, di esplorare i cambiamenti della società
nel tempo.
Il termine "medio" non va confuso con "mediocre".
L'eroe di Scott non
proviene dalle alte sfere, che costituiscono una parte limitata della
società, ma da un livello sociale nella norma, rappresentativo della
maggioranza della popolazione.
È il tipo medio di "gentleman" inglese:
dotato di saggezza, fermezza e dignità morale, ma non di qualità
eccezionali.
La mescolanza di realtà e invenzione è una caratteristica fondante
del romanzesco e di questo genere in particolare; va a creare dei nessi
tra il piano accertato e documentato della “macrostoria” (grandi eventi e
scenari storici di ampio orizzonte) e il piano non documentato ma
verosimile della “microstoria” (fatti e dati della vita quotidiana).
È anche per via di questa intersezione (una sfaccettatura del 'patto'
di fiducia che sempre si crea tra autore e lettore) che al centro del
romanzo storico, da Scott in poi, verranno spesso poste storie di
persone comuni; o per dirla con Alessandro Manzoni, che nove anni dopo Rob Roy darà alle stampe il capolavoro I promessi sposi, le vicende delle "genti meccaniche, e di piccol affare".
Un altro tratto distintivo della produzione narrativa di Walter Scott è il sapiente uso dei dialoghi.
Prima di dedicarsi al romanzo, si era espresso attraverso la poesia, era diventato famoso con una raccolta, tratta da antiche fonti, di canti di menestrelli della frontiera scozzese: Minstrelsy of the Scottish Border (1802–03).
NeI 1805 aveva ottenuto il successo con il poemetto narrativo The Lay of the Last Minstrel, al quale erano seguiti nel 1808 Marmion e nel 1810 The Lady of the Lake (opere ispirate ad antiche ballate, quindi a loro volta ambientate in
epoche storiche; narravano del conflitto fra due differenti stili di
vita, quello vecchio delle Highlands che si scontra con le leggi e l'ordine del nuovo governo nelle Lowlands).
Furono probabilmente le necessità economiche a indurre lo scrittore a terminare Waverley,
che aveva iniziato tempo addietro e mai finito; e fu senz'altro il
timore di incorrere in aspre critiche a indurlo a pubblicare questo
romanzo in forma anonima.
Secondo i canoni del tempo, infatti (e, più in
generale, della storia della letteratura attraverso i secoli), la
poesia, e in particolare il poema epico, era la forma letteraria più alta, mentre la prosa era ritenuta di second'ordine.
D'altra parte la forma del romanzo consentì a Scott di dispiegare il
suo spiccato talento nella costruzione dei dialoghi, che sono
trascinanti, realistici e di grande forza; nei dialoghi si esplica
l'animo dei personaggi, trovano sfogo sentimenti e pensieri, si
presentano i conflitti.
Talvolta (come ne L'antiquario, terzo romanzo della cosiddetta “trilogia scozzese” dopo Waverley e Guy Mannering), l'autore usa lo Scots, fornendo così anche uno spaccato di quella che era la lingua parlata in Scozia all'epoca dei fatti.
Enrico
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