RECENSIONE | LA CITTA' DELLE OSSA... Bosch e la falsa confessione

La città delle ossa (City of Bones) è l'ottavo libro di Michael Connelly, uscito nel 2002, che vede protagonista il detective Harry Bosch: il volto della fortunatissima serie di romanzi dello scrittore californiano, divenuta best-seller in tutto il mondo.

Hieronymus Bosch vive nella caotica e violenta Los Angeles ed è un agente capace ma dal carattere difficile, piccolo orfano, reduce dal Vietnam, un passato di eccessi tra fumo e alcol, un matrimonio fallito e una casa semidistrutta da un terremoto ne fanno un elemento importante per le indagini più complesse ma "scomodo" per i superiori che subiscono pressioni politiche e d'immagine alle quali l'ormai cinquantenne detective non si è mai piegato.
E' un personaggio egocentrico e schivo, chiunque gli stia intorno può solo amarlo oppure odiarlo, non esistono per lui e in lui mezze misure, va sempre dritto al punto e suscita nel lettore una forma di 'dipendenza morbosa' percui avrete sempre bisogno di sapere ogni dettaglio della sua vita, dall'indagine seguita alla sua situazione sentimentale in un vortice di emozioni, speranze e contraddizioni.
Sapete quando arriva il peggio? A libro finito, quando dovrete aspettare il prossimo acquisto per continuare la serie a meno che già sappiate come andranno le cose e nella libreria vi siete fatti la scorta.
Non mi stancherò mai di consigliare che la lettura cronologica è la scelta migliore che possiate fare in questi casi, è vero state leggendo la recensione dell'ottavo capitolo e nessuno vieta di inziare proprio da questo (tanto ogni indagine è autoconclusiva) ma appena concluso recuperate i precedenti, fidatevi.

Tornando a parlare del libro, siamo sempre nella caotica Los Angeles e Bosch sembra avere uno scossone positivo dal colpo di fulmine che lo porta ad un rapporto sentimentale con la "pivellina" agente Julia Brasher; la donna è in realtà un'affascinante trentacinquenne con una tardiva vocazione per la polizia dopo una breve carriera da avvocato e una vita avventurosa.
Le indagini sul ritrovamento di ossa umane semisepolte da circa 20 anni su una delle impervie colline di Hollywood diventano sempre più drammatiche: dalla identificazione del cadavere, il dodicenne Arthur Delacroix, alla fuga di notizie, che causa il suicidio di un povero innocente, fino alla imprevedibile sequenza che vede come sfortunata protagonista proprio la "pivellina" Julia.
Queste ultime due righe mi riportano la mente agli istanti in cui ho letto le pagine a cui si riferiscono e credo sia stato uno dei momenti più drammatici dell'intero libro, un colpo di scena incredibile ed inaspettato che mi ha fatto cadere in un vero e prorpio stato di angoscia.
Non volevo crederci, continuavo a dirmi che è da pazzi scegliere un così crudele destino per una così affascianante donna e poi su dai, proprio ora che Harry aveva ritrovato un pelo di felicità.
La soluzione del caso sembra a portata di mano, i precedenti e addirittura la confessione del maggior sospettato stanno per far chiudere le indagini, ma il nostro caro detective saprà ancora una volta intuire la verità e capire la falsità di quella confessione.
Il finale poi non si esaurisce con la sola soluzione del caso: Harry, a causa di una "sospetta" promozione pensa che sia ora di appendere il distintivo al chiodo.

Quando ho letto le ultime pagine altro tuffo al cuore, se solo non sapessi che esistono dei seguiti a questo romanzo ci sarei rimasto stramaledettamente male perchè tutto fa intuire la conclusione della 'saga': la fine di Bosch come detective e delle sue indagini, non avrei più incontrato Jerry Edgar e Kizmin Rider (i componenti della sua squadra) e Irvin Irving (il vice capo della polizia).
Non sarebbe stato giusto e per fortuna non è capitato.
In questo romanzo si torna al police procedural, quel genere letterario che vede ruotare tutto attorno all'indagine di un solo personaggio (Bosch) senza contributi esterni da parte di terzi; si ritorna quindi a ciò che è realmente il thriller secondo Connelly anche se l'esperimento del romanzo precedente non mi era dispiaciuto e sono sincero, spero di vedere altri tentativi di questo genere nei prossimi romanzi.

Dopo 8 romanzi posso dire di inziare a conoscere l'autore e capire in che senso procede la sua idea di letteratura, ciò che predilige e ciò che invece detesta cioè, in parole povere, quello che ama e che odia nella sua vita perchè un libro non è altro che lo specchio dell'anima di un autore; lui è bravissimo a dilungarsi su aspetti apparentemente secondari come i nomi delle strade, i panorami, le sensazioni di vivere al confine di una metropoli tentacolare ed inquinata.
Per chi è stato nel sud della California i suoi libri acquistano un interesse particolare e nel cuore di chi non ci è mai stato suscitano una certa voglia di partire.
Nel complesso si tratta di un romanzo molto buono e piacevole alla lettura, coinvolgente, scorrevole e soprattutto molto emotivo da parte dell'autore stesso.
La storia è molto credibile nonostante l'indagine a cui si riferisce sia notevolmente complessa poichè si basa su fatti fittizzi avvenuti vent'anni prima, non è certo facile scrivere di qualcosa del genere nemeno per un ex giornalista di cronaca nera ma Michael Connelly ci è riuscito alla grande.



Il mio voto: 8/10



Enrico

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