INCONTRI D'AUTORE #7 | Andrés Neuman a Portici di Carta 2019
La mia prima giornata a Portici di Carta si è conclusa con Andrés Neuman e il suo ultimo romanzo: Frattura, edito dalla Einaudi. Un incontro che mi ha fatto viaggiare tra Argentina, Stati Uniti e Giappone alla ricerca del senso per un grande dolore contrapposto alla resilienza di un uomo che tutto tenta pur di guarire.
Ad accompagnare, Andrea Debenedetti, grande amico di Neuman da oltre 20 anni, da quando ai tempi dell'università a Granada si incrociavano per i corridoi del campus, prima del rientro in patria. Introduce il libro parlando di cicatrici, segni tangibili del ricomporsi di quelle fratture ideologiche, linguistiche ed esistenziali che ogni essere umano aggiunge al bagaglio della propria vita, solamente vivendo. Lo fa perchè esiste una tecnica giapponese chiamata Kintsugi che consiste nel riparare un oggetto rotto (comunemente fatto di ceramica) con filamenti d'oro a fare appunto da cicatrici. L'oggetto rovinato diventa così un'opera d'arte dal valore maggiore rispetto al nuovo.
Da bambino, Andrés Neuman era tanto affascinato dalla tecnica nipponica che ogni oggetto o giocattolo che riceveva in dono dalla madre lo rompeva per poi provare a ripararlo con meticolosa attenzione, fallendo quasi sempre. Dice scherzosamente: "... ecco perchè ho deciso di scrivere questo romanzo, per tutti quei giocattoli che non sono mai riuscito a riparare".
Le cicatrici non devono essere nascoste ma mostrate come sinonimo di bellezza, esse non potranno mai guarire se coperte. Sono le stesse persone che vedono le nostre fratture ad aiutarci a suturarle. Anzi, non vanno saldate ma pensate: "Ho applicato il Kintsugi alle coppie, alle famiglie e alla società, per metterle a nudo, per parlare di loro".
Frattura è la storia di Yoshie Watanabe, sopravvissuto all'esplosione nucleare di Hiroshima, che tenta di ricucire lo strappo che gli spacca l'anima lasciando il suo paese e viaggiando, imparando nuove lingue. Approderà in quattro luoghi diversi e in ognuno di essi conoscerà una donna diversa con cui avrà una relazione. Il libro è raccontato dal loro punto di vista e ci si stupisce di quanto Watanabe è camaleontico. La lingua è ciò che da forma alla storia, quel filo d'oro utilizzato per le ceramiche. Yoshie rispecchia Neuman perchè anche lui è stato costretto a lasciare l'Argentina, quando la famiglia è stata esiliata. Watanabe si innamorerà sempre della nuova lingua.
E' stato interessante, a questo punto, la digressione che l'autore ha fatto sul lavoro di un traduttore: deve per forza esserci una certa attrazione verso quello che si traduce altrimenti non lo si riuscirebbe a fare, a capire fino in fondo. E' l'esempio di quando ascoltiamo una canzone in una lingua che non conosciamo, non la capiamo ma il nostro immaginario ne crea una sua intima versione che ci sembra perfetta e dice molto più di ciò che è in realtà il testo. Questo è il fenomeno del 'lost in translation', quel senso puro e originario dell'autore che inevitabilmente si perde con la traduzione. Si dovrebbe sempre leggere in lingua originaria.
Un uomo che non solo scrive di donne ma che scrive mettendosi nei loro panni. Gli viene dunque chiesto come riesca a farlo. Lui si prende qualche minuto e poi, con un bellissimo accento spagnolo, risponde: "La narrativa è uno strumento per sperimentare. Nel mio caso, sperimentare quello che non sono ma che potrei essere". Questo gli permette di avere una franchezza schietta, tipica del genere femminile, e di dire cose che un uomo probabilmente mai pronuncerebbe. Una trans-narrazione, come quella utilizzata da Fernando Pessoa nella sua psicologia. Andrés Neuman ci riesce perchè adora leggere libri sulle donne e di donne scrittrici.
Il romanzo gioca con un paradosso. Le cicatrici di Watanabe sono l'eredità di un dolore tanto grande quanto inutile: la bomba su Hiroshima e il disastro di Fukushima. Che bisogno c'era di sganciare una bomba nucleare quando la guerra era ormai conclusa? Non possiamo rimanere indifferenti di fronte a questa immane catastrofe, un genocidio gratuito.
Yoshie preferisce non parlarne, ricominciare sempre da zero, rimane in silenzio senza mai aprirsi con la sua donna e quando lei scopre il suo passato lo allontana, lasciandolo nuovamente solo. La volta dopo allora decide di cambiare e racconta tutto quanto, subito, come un torrente in piena e cosa ne ricava? Un nuovo allontanarsi dell'amata, spaventata dalla sua irruenta e frettolosa confidenza. Il libro è il racconto delle quattro stagioni dell'amore di Yoshie Watanabe, un racconto lungo una vita, quella di un uomo perennemente tormentato.
Non esiste dunque una lingua in grado di spiegare. Il momento giusto per parlare è il tempo della letteratura.
Enrico
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