Intervista a Luca Occhi | Riscatto & Redenzione

E' per me un grandissimo piacere ospitare sul blog un autore che ho conosciuto in occasione della presentazione del suo ultimo libro Della stessa sostanza del buio, a Torino.
Ringrazio Luca Occhi per la sua disponibilità a concedermi questa intervista. Un emiliano DOC con il quale ho potuto scambiare due parole senza quel pizzico di timore reverenziale che spesso mi capita di avere quando parlo con chi scrive libri.



Ciao Luca, dopo averti conosciuto e aver letto i tuoi romanzi è un immenso piacere intervistarti per fare quattro chiacchiere. Cosa vuol dire essere uno scrittore di noir, in Italia?



Ciao Enrico e un saluto ai tuoi lettori. È un piacere anche per me ritrovarmi qui con voi. Essere uno scrittore di noir, in Italia, credo significhi soprattutto fare una scelta precisa in merito al tipo di storie da raccontare. Il contesto sociale della narrazione diventa uno dei personaggi principali, e l’indagine dello scrittore si sposta dai fatti al perché particolari fatti accadano, all'humus in cui certe storie trovano la possibilità di attecchire e svilupparsi. Inoltre, come ha avuto più volte modo di evidenziare un grande uomo di cultura come Carlo Lucarelli, gli scrittori di noir, nell’epoca delle querele usate come spauracchio e deterrente a qualsiasi forma di narrazione scomoda e non omologata della realtà, hanno sostituito in gran parte il giornalismo d'inchiesta, grazie quel minuscolo salvacondotto di poche righe poste di solito in basso a sinistra, nelle prime pagine: "Questa è un'opera di fantasia. Ogni riferimento a fatti storici, personaggi o luoghi reali è completamente fittizio. Altri nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono il frutto dell’immaginazione dell’autore, e qualunque somiglianza con fatti, luoghi o persone reali, viventi o defunte, è del tutto casuale".


Hai scritto due romanzi: 'Il Cainita' e 'Della stessa sostanza del buio'. A quale sei più legato e quale ti ha fatto tribolare maggiormente?



Ogni romanzo è un viaggio a sé stante, con le sue difficoltà, ma anche le relative soddisfazioni. 'Il Cainita' mi ha fatto tribolare parecchio per quanto riguarda la ricerca e lo studio delle varie sezioni storiche. 'Della stessa sostanza del buio', invece, è stato complicato per la delicatezza, e un po’ la scabrosità, dell’argomento oggetto della narrazione. Quanto all’essere legato, lo sono a entrambi. Un po’ come un genitore che ama i suoi due figli, pur se assai diversi fra loro, nella stessa identica misura.


A Torino hai presentato 'Della stessa sostanza del buio', e io c’ero. Descrivicelo in tre aggettivi. Qual è stata l’ispirazione?



Cupo, avvolgente, spero spiazzante. A Bologna, in zona Fiera, il calar del buio rappresenta un portale su due mondi totalmente differenti tra loro. Durante il giorno vi si dipana una vita "normale", con gli impiegati della Regione, gli operatori fieristici, i visitatori. Con la notte, tutti spariscono e un’umanità marginale e del tutto diversa ne occupa rapida il posto. Unico luogo d’incontro fra quei due mondi era un vecchio furgoncino che vendeva bibite e panini. Proprio come quello ritratto nella copertina del romanzo…


Leggendoti non si può fare a meno di notare l’assenza di eroi, nei tuoi libri. Sembri creare sempre antagonisti, personaggi relegati al margine della società, bisognosi di riscatto. Perché?



Perché mi piace pensare che un buon romanzo noir debba in qualche modo riuscire più a spiazzare il lettore, che a rassicurarlo. Il meccanismo "lotta fra protagonista e antagonista" con il Bene che vince sul Male, è ormai consolidato e in un certo senso ormai privo di sorprese. Oltre che essere più tipico del romanzo giallo. Ecco che allora un romanzo come 'Della stessa sostanza del buio' in cui tutti i personaggi si presentano come antagonisti, obbligando il lettore a scegliere un cattivo e a scommettere sulla sua possibile redenzione, mi sembrava un modo originale per raccontare qualcosa di diverso dal solito. Come scrittore, ancor prima che come lettore, le storie sentite e risentite mi annoiano.


Non sei un amante della "serialità". Hai ammesso che probabilmente non scriverai mai una sequenza di romanzi con lo stesso protagonista. Ammetto che mi dispiace perché mi sono avvicinato molto a Mathias ('Della stessa sostanza del buio'). Motivaci la tua decisione.



Diciamo che la serialità è in funzione delle storie da raccontare e dei rispettivi personaggi. Alcuni, hanno il respiro per diventare seriali, altri no. Il protagonista de 'Il Cainita', il commissario Rinaldi, forse un giorno potrebbe tornare, per raccontarci qualcosa di nuovo su di sé. Mathias Mestiz non credo proprio. O almeno, sarebbe davvero una sorpresa anche per me.


Com’è nata la tua passione per la scrittura? Quali sono i tuoi autori di riferimento? E cosa legge Luca Occhi?



È nata come naturale conseguenza della passione per la lettura. Anche se è stata un po’ come quelle fioriture che avvengono solo al termine di un lunghissimo periodo di attesa. Dopo un inizio poco promettente come poeta adolescenziale, mi sono riavvicinato alla scrittura una quindicina di anni fa. Per il resto si è trattato di un cammino molto rapido che mi ha portato a passare dai racconti per i concorsi letterari al romanzo. Quanto agli scrittori di riferimento, la risposta non è facile: leggo di tutto, con famelica curiosità e continua voglia d’imparare. Se però dovessi citare alcuni autori che amo rileggere, beh allora senza alcun dubbio Stephen King, Borges, Robert Louis Stevenson, Bradbury. E sicuramente Izzo.


"Fare della scrittura condivisione" può essere lo slogan di Officine Wort, un progetto di cui sei parte attiva. Hai voglia di parlarcene?



Officine Wort è una sorta di Compagnia di Ventura Letteraria nata una decina di anni fa, facendo propria una delle famose regole per la scrittura di Chuck Palahniuk: "Usate la scrittura come la vostra scusa per indire un party alla settimana - anche se chiamerete quel party "workshop". Ogni istante che passate con altre persone che stimano e supportano la scrittura, quegli istanti controbilanceranno tutte le ore che passate da soli, scrivendo. Persino se un giorno venderete il vostro lavoro, nessuna cifra di denaro vi ricompenserà per il tempo che avete speso in solitudine. Perciò, prendetevi subito la vostra "ricompensa", fate della scrittura una scusa per stare fra la gente. Quando raggiungerete la fine della vostra vita - credetemi, non vi guarderete indietro per assaporare i momenti che avete passato da soli". Con quest’obiettivo abbiamo organizzato diversi giochi letterari, tra i quali il Romanzo Totale 'Chi ha ucciso Lucarelli' e parecchi concorsi letterari, sempre un po’ fuori dall’ordinario. Ma se siete curiosi, potete dare un’occhiata al sito www.officinewort.it.


Del progetto fa parte anche un concorso dal titolo 'Turno di notte', giunto alla XI edizione, che vuole valorizzare autori emergenti attraverso racconti con un incipit comune. Ne sei giudice. Un mestiere faticoso?



'Turno di Notte' è un concorso unico nel suo genere in Italia. È reso noto un incipit alle dieci di sera (i primi cinque anni scritto da Gianluca Morozzi e gli ultimi sei da Carlo Lucarelli) e i partecipanti hanno tempo sino alle cinque del mattino per scrivere un racconto. Si può partecipare da remoto, ma abbiamo anche creato dei luoghi sparsi per l’Italia, dove è possibile trascorrere la notte a scrivere assieme ad altri partecipanti. Una bellissima occasione d’incontro. E di confronto.


Che consiglio dai a me e a chiunque volesse provare a vincerlo?



Guarda, l’unico consiglio che posso dare è di saper gestire bene le sette ore a disposizione. Porsi un orario preciso entro cui finire il racconto, un po’ di tempo per staccare, e abbastanza da lavorare sull’editing. Sacrificare la lunghezza all’originalità della storia e alla qualità della scrittura.


Adesso mi fermo, ultima e classica domanda. Quali sono i progetti futuri di Luca Occhi?



Verso metà anno dovrebbe uscire un nuovo romanzo, scritto a quattro mani con l’amico Giorgio Ottaviani. Un giallo ambientato fra l’Italia e il Sudamerica, e allo stesso tempo una disperata storia d’amore. Qualche racconto in un paio di antologie, la XII edizione del concorso 'Turno di Notte'. Come vedi il lavoro non mi manca. E poi si scrive ogni giorno un po’. Sempre!




Enrico

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