Intervista a Gualtiero Ferrari | Zetafobia & Zombie
Do il benvenuto, anzi un ben ritrovato a Gualtiero Ferrari.
Dopo aver letto e recensito il suo romanzo 'Zetafobia' lo ritrovo per un'intervista che ha gentilmente deciso di concedere alle pagine del mio blog. Un'occasione per conoscere meglio un autore che ha avuto il coraggio di portare in Italia un genere da sempre prerogativa degli States.
Ciao Gualtiero, dopo aver letto il tuo romanzo è un immenso piacere intervistarti per fare quattro chiacchiere. Quali romanzi ti piaceva leggere da adolescente? E cosa pensi del rapporto tra libri e giovani di oggi?
Ciao Enrico, ti ringrazio moltissimo per questa intervista, è un piacere poter apparire sulle colonne del tuo Blog.
Venendo alle letture sono, da sempre, un fan del fantasy: 'Il signore degli anelli', la saga di 'Shannara' e via dicendo. Poi, crescendo, mi sono avvicinato anche ad altri generi come la fantascienza, il distopico, il thriller, senza dimenticare i classici.
Oggi i giovani leggono poco e male, purtroppo. La scuola non li incoraggia nell'accostarsi ai libri, obbligandoli a letture difficili e, a mio modo di vedere, superate. Tocca alla famiglia creare l'interesse e coltivarlo.
‘Zetafobia’ è il tuo libro d'esordio. Un romanzo che parla di Zombie ma in maniera ‘anomala’ nel senso che è ambientato in Italia, a Torino, e non negli Stati Uniti dove tutti penserebbero. E' questo uno dei punti di forza del tuo lavoro. Da cosa è nata l’idea di importare un genere americano nel nostro paese?
Siamo addestrati a immaginare scenari apocalittici come invasioni aliene o pandemie zombie negli Stati Uniti. È normale; tutta la cinematografia moderna ci ha abituati a questo tipo di ambientazione. 'Zetafobia' nasce per rispondere a una semplice domanda: e se accadesse, in Italia, a Torino, come si comporterebbe una famiglia “normale”?
I tuoi studi sono stati di tipo scientifico e in Domenico, protagonista della tua storia, penso ci sia molto di questo. Una caratteristica curiosa. Come sei passato da quell'ambito alla scrittura? E perché?
In Domenico c'è la curiosità di sperimentare, tipica di ogni approccio scientifico, e il coraggio di ricorrere a soluzioni non convenzionali; anche questo tratto distintivo della scienza moderna.
Per quanto riguarda la scrittura, invece, è solo da qualche anno che ho iniziato a scrivere narrativa. La lettura non mi bastava più, volevo essere parte della storia, poterla plasmare secondo i miei intendimenti. Così ho iniziato con un racconto, pubblicato in un'antologia zombie ovviamente, e infine sono approdato ai romanzi.
Sicuramente forte è la tua passione per tutto quello che è ‘zombiesco’. Quali sono i tuoi autori di riferimento? E quali i film e/o altre opere attinenti?
Sugli zombie ho letto quasi tutto, ma preferisco i libri ai film. Oltre alla saga 'Epidemia Zombie' di Recht e 'Diario di un sopravvissuto agli zombie' di Bourne, meritano di essere ricordati l'ottimo 'I Vivi, i Morti e gli Altri' di Claudio Vergnani, il particolare 'Cronache Zombie: Le avventure di Benny Imura' di Jonathan Maberry e, soprattutto, l’immenso 'World War Z' di Max Brooks, di cui ho apprezzato anche la trasposizione cinematografica interpretata da Brad Pitt.
Raccontaci un aneddoto legato alla scrittura di ‘Zetafobia’.
Il romanzo è ambientato a Torino, nella parte della città e della periferia che frequento abitualmente. Questo mi ha semplificato molto il lavoro, ma mi ha anche obbligato a frequenti peregrinazioni nei luoghi dove si svolgono le scene raccontate nel libro. Torino è diventata una meta turistica ormai da anni, e vedere qualcuno che scatta foto ai monumenti è la normalità. Io scattavo foto a parcheggi, viuzze, strade statali e via dicendo. Più di una volta mi sono guadagnato gli sguardi perplessi di ignari passanti che si domandavano chi era il matto che fotografava la rotonda di Piazza Derna, tanto per dirne una.
Cosa hanno in comune i protagonisti del tuo libro? E a quale sei più legato affettivamente?
L'elemento comune è la famiglia e l'amore che lega i membri. Lo ritengo il filo rosso che cuce i personaggi alla storia. Senza la famiglia la trama non reggerebbe. Il personaggio a cui sono più legato è Patrick, ma non voglio fare spoiler. Dirò solo che, contrariamente a quello che potrebbe sembrare, gioca un ruolo determinante anche e soprattutto nel prosieguo della saga. Inoltre, è senza filtri. Lui può dire e fare cose che agli altri personaggi sono precluse. È un buon modo per togliersi qualche sassolino dalle scarpe.
La giornata tipo del Gualtiero scrittore, com'è?
Allo scrittore che c'è in me piacerebbe potersi svegliare e scrivere tutto il giorno, o quasi. Purtroppo, ci sono i conti da pagare, perciò tocca lavorare per vivere e lasciare la scrittura per le ore di tempo libero che si riescono a racimolare durante la settimana. Scrivo molto la sera e la notte, oppure nel fine settimana la mattina presto. A volte la domenica mi alzo alle 6 butto giù qualche pagina, poi preparo il caffè. Grazie al cielo non dormo molto.
La credenza popolare e soprattutto le vendite confermano che la letteratura americana riesce a sfondare molto di più rispetto a quella italiana. Hai avuto il coraggio di provare a scrivere qualcosa di diverso per il panorama nostrano. E' inevitabile chiederti cosa ne pensi.
Penso sia vero, purtroppo. Noi italiani siamo esterofili da sempre. Qualsiasi prodotto che arriva da oltre confine, cibo escluso, viene considerato migliore per definizione. Prendiamo la Rowling, se avesse scritto la saga di Harry Potter in Italia avrebbe dovuto combattere per ottenere la pubblicazione, e in nessun caso avrebbe mai ottenuto i riconoscimenti, anche economici, che hanno trasformato l'autrice inglese in una delle donne più ricche al mondo, senza considerare l'influenza che la sua storia ha avuto su generazioni di lettori. È triste doverlo ammettere ma è così: in Italia non crediamo abbastanza nei talenti nostrani, e men che meno siamo disposti a rischiare per provare a valorizzarli.
Hai vissuto diversi anni all'estero. Sei stato anche in America? Cosa ti ha lasciato questa esperienza a livello letterario e non solo?
Sì, ho vissuto e studiato negli Stati Uniti, ma non in una grande città. Abitavo in una cittadina rurale degli stati del sud. L'America profonda, quella vera. È stata un'esperienza segnante, che mi ha fatto crescere e maturare. Durante il soggiorno ho imparato ad apprezzare i grandi classici, letture che sino a quel momento avevo accantonato preferendo testi più leggeri e meno impegnativi. Approcciare 'Le avventure di Tom Sawyer' in lingua originale è stato difficile ma bello. Senza questo passaggio, però, non mi sarei mai avvicinato a monumenti come 'Cent’anni di solitudine', a mio avviso il miglior incipit mai scritto, o 'Il Conte di Montecristo' il romanzo d'avventura e di vendetta per eccellenza.
Oltre a ‘Zetafobia’ è già disponibile un racconto spin-off. Ti va di parlarcene?
'Nemesi' è un racconto che nasce da un'idea precedente ma che ho deciso di integrare nel secondo capitolo della saga. Le vicende si svolgono sei anni dopo la fine del primo romanzo e sono un piccolo assaggio di ciò che accadrà ai protagonisti. In effetti, il racconto, rimaneggiato per integrarlo nel testo, apparirà anche in 'Zetafobia 2.0' (titolo del tutto provvisorio).
Adesso mi fermo, ultima e classica domanda. Quali sono i progetti futuri di Gualtiero Ferrari? Da qualche parte ho letto di una probabile trilogia dedicata a Domenico e alla sua famiglia.
Confermo. Sono al lavoro per terminare la porzione centrale della trilogia, di cui 'Nemesi', come anticipato, sarà parte integrante. Avrei voluto uscire prima, ma gli impegni del quotidiano e alcuni intoppi mi hanno rallentato parecchio. Oltre a scrivere di non-morti e affini sto partecipando a diversi concorsi letterari. Due per racconti brevi, di cui uno già chiuso, del quale attendo l'esito, e uno in scadenza per il quale sto editando il testo. Poi mi prenderò un paio di mesi per rivedere un romanzo distopico col quale ho partecipato ad un prestigioso concorso nazionale. Degli oltre seimila scritti presentati solo trecento sono passati alla fase finale, compreso il mio testo. Purtroppo, non sono entrato nella rosa dei quindici vincitori, ma non dispero. Intendo far tesoro delle critiche ricevute per correggere gli errori e migliorare il lavoro per l'edizione 2020.
Enrico
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