RECENSIONE | I LUPI DEL CALLA... strade per ogni dove

I lupi del Calla (The Dark Tower V: Wolves of the Calla) è un romanzo fantasy del 2003 di Stephen King, quinto libro della serie La Torre Nera. Continuano le vicende di Roland di Gilead, Eddie, Susannah, Jake ed Oy e presenta al lettore la figura di Père Callahan (già noto a chi ha letto Le notti di Salem).
Dopo essere fuggiti da una Topeka alternativa e dal perfido mago Randall Flagg, il Ka-Tet di Roland viaggia fino ad un villaggio di contadini, Calla Bryn Sturgis, dove i pistoleri incontrano Père Callahan. La gente della cittadina chiede aiuto al Ka-Tet contro i Lupi di Rombo di Tuono, che si presentano ogni 23 anni, ad ogni generazione, per prendere un bambino da ogni coppia di gemelli. Dopo pochi mesi dal rapimento, i bambini ritornano guasti, mentalmente menomati, destinati a crescere fino a raggiungere dimensioni spropositate e a morire giovani. Al momento dell'arrivo di Roland, manca circa un mese all'incursione dei Lupi. Non solo Roland ed il suo gruppo devono difendere il Calla dai Lupi, devono anche proteggere una rosa rossa che cresce in un lotto vacante tra la Seconda Avenue e la Quarantaseiesima Strada a mid-town Manhattan nel 1977. Se la rosa venisse distrutta, la Torre cadrebbe con lei. Per poter tornare a New York ed evitarlo devono usare la sinistra 'Tredici Nera'.
Come se non bastasse, Roland e Jake hanno notato cambiamenti bizzarri nel comportamento di Susannah, riconducibili agli avvenimenti raccontati in Terre desolate quando Susannah si occupò del demone nel cerchio di pietra.

In questo libro non abbiamo solo la storia dei Lupi, della comunità del Calla e di Padre Callahan, ma abbiamo tutti i membri del Ka-Tet che evolvono e in un certo senso cambiano. Nessuno escluso.
In primis Roland che scopre che il suo tempo è ulteriormente contato, riscopre il piacere di essere l'uomo di una donna e, forse, ha qualcosa più di un'intuizione sul futuro che li attende. Susannah deve fare i conti con una nuova pericolosissima e terrificante personalità, Mia.
Jake impara ad affinare il suo 'tocco' ed affronta una gioia adolescenziale ed un enorme dolore che lo lascia molto indurito.
Eddie, qui un po' in ombra, rimane comunque l'anima narrante ed osservante del gruppo che trova un inaspettato specchio in Padre Callahan ed infine cambia il gruppo stesso, che deve fare i conti con la paura, le bugie e il tempo che scorre in modo decisamente irrazionale.

Al solito, Stephen King è uomo di intuizioni geniali, di quei piccoli scarti della realtà in cui apre brecce e crea mondi, magari con l’aiuto di un piatto affilato lanciato a dovere. Sua Maestà tiene botta egregiamente e questi Lupi stanno sicuramente nel gruppetto dei preferiti.
Solo un autore come King può permettersi di scrivere un romanzo di 670 pagine, dove l'attesa dell'evento culmine si protrae per 650 pagine per poi evolversi e concludersi nelle ultime 20. Ma la carne al fuoco è davvero abbondante.
Le tracce narrative sono quindi plurime, l'autore riesce a gonfiarle aggiungendovi il dibattito pubblico che il villaggio del Calla affronta dividendosi tra gli entusiasti ed i refrattari all'idea di combattere i lupi. Inoltre la storia di padre Callahan, una sorta di seguito de Le notti di Salem, contribuisce a rallentare parecchio la narrazione e a moltiplicare le pagine.
Il finale invece assume un ritmo incalzante che raggiunge livelli vertiginosi, incollandovi alle pagine in modo inesorabile e riscattando la lentezza della parte centrale.
Complessivamente il romanzo appare sempre come i precedenti: un western-fantasy. Il mestiere di King non si discute e l'elemento che continua a sorprendermi è come tutto ciò che in teoria non mi convincerebbe affatto ad intraprendere la lettura finisca poi per funzionare meravigliosamente quando le pagine scorrono inesorabili.

Ho provato in certi passaggi i sintomi della saturazione, ma credo che siano inevitabili dopo sei romanzi con gli stessi personaggi e le stesse vicende. Il mio giudizio complessivo rimane però più che positivo e lungi da me mollare proprio adesso.
Stephen King riesce a farci provare emozioni contrastanti ma sempre forti. Con la sua scrittura scorrevole ci catapulta indietro e avanti nel tempo a suo piacimento, ma senza farci pesare la cosa, come se avvenisse con la massima naturalezza e fosse tutto perfettamente normale.
E' stato interessante approfondire la conoscenza di Roland, gettare uno sguardo nel profondo del suo cuore e incontrare, oltre ai suoi compagni del presente, anche quelli del passato. In I lupi del Calla vengono strette nuove amicizie e approfondite quelle esistenti, anche se l'ambiguo comportamento di Susannah inizia a preoccupare.
La Torre è sempre più vicina e la determinazione dei nostri eroi è sempre più forte. Il coinvolgimento è direttamente proporzionale alla sua vicinanza.
Oltre ai già citati riferimenti a padre Callahan e Le notti di Salem, è curioso leggere di quello che diversi anni dopo diventerà un romanzone, 22/11/'63, qui citato come abbozzo dallo stesso padre che si domanda come sarebbe il mondo se si potesse cambiare il passato. Lo stesso King in effetti affermerà che la genesi di questo libro fu piuttosto lunga ma direi con un risultato spettacolare.

A farla da padrone sono dunque i cosiddetti 'Lupi del Calla', o quantomeno la loro incombente minaccia. Più di un gruppo di semplici masnadieri, si tratta di una sessantina di individui organizzati che dispongono di quei rimasugli di tecnologia degli antichi ormai anacronistica che li rende estremamente temibili; chiamati così per le maschere dell'animale che copre loro il volto. Ogni 20 o 30 anni circa, scorrazzano sui loro cavalli di ferro e si portano via un bambino per ogni coppia, i parti gemellari sono all'ordine del giorno nel Calla.
E' estremamente pittoresco ed esaltante vedere la gente contrastare il nemico lanciandogli contro piatti dal bordo affilato e tagliente a mo di dischi piuttosto che le tradizionali e classiche armi da fuoco. Dopotutto si deve ricordare il dogma dei nostri pistoleri:
"Io non miro con la mano; colui che mira con la mano ha dimenticato il volto di suo padre.
Io miro con l'occhio.
Io non sparo con la mano; colui che spara con la mano ha dimenticato il volto di suo padre.
Io sparo con la mente.
Io non uccido con la pistola; colui che uccide con la pistola ha dimenticato il volto di uso padre.
Io uccido con il cuore".
E per concludere fa la sua apparizione anche la più famigerata delle sfere magiche di Maerlyn, la Tredici Nera, che Roland sostiene essere l'occhio osservatore del Re Rosso, il loro vero nemico.

Ottimo proseguimento della saga. Di certo lo stile è molto diverso da quello dei primi romanzi ma la ricchezza di dettagli, la tensione che il libro riesce a trasmettere unita ad alcune scelte letterarie e ad un coinvolgimento psicologico sempre altissimo fanno di questo volume uno dei migliori della saga.

Senza infamia e senza lode, questo capitolo non è ai livelli del predecessore ma è comunque valido, la curiosità e la voglia di arrivare alla Torre c'è e si sente. Ripeto, Stephen King si è prolungato troppo, ha fatto cadere di molto la suspense però recupera con un grande finale.
La storia del Calla è originale, misteriosa e spaventosa al tempo stesso. Il racconto di padre Callahan apre nuove porte svelando ancora qualcosa del 'mondo che è andato avanti' ed infine la vicenda dei nostri amati pistoleri è sempre più una droga irrinunciabile, crea davvero dipendenza.
La Torre intanto si avvicina.



Il mio voto: 8



Enrico

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