RECENSIONE | L'ANIMALE MORENTE... Eros e Thanatos

L'animale morente (The Dying Animal) è un romanzo dello scrittore statunitense Philip Roth, pubblicato nel 2001. È il terzo libro con il personaggio di David Kepesh, già apparso ne Il seno e ne Il professore di desiderio.
Kepesh è affascinato dalla giovane e bella Consuela Castillo, studentessa in uno dei suoi corsi. Nasce una relazione erotica tra i due. Kepesh si innamora in modo ossessivo dei seni della sua amante, un feticcio già esplorato nei romanzi precedenti. Nonostante la fervente devozione per Consuela, il professore, sessualmente promiscuo, mantiene una seconda relazione con una vecchia amante, ora divorziata. E' anche riluttante ad esporsi allo scrutinio o al ridicolo che potrebbe derivare dalla sua presentazione alla famiglia di Consuela. E' implicito il suo timore che un tale incontro possa esporre l'implausibile differenza d'età nella loro relazione. In definitiva, Kepesh preferisce confinare il loro rapporto al piano fisico invece di imbarcarsi in un impegno più serio.

Senza dubbio mi colpiscono sempre le persone complicate, realiste, disilluse, che non temono di parlare delle loro paure e angosce, dei loro sentimenti, ma anche, e soprattutto, di sesso e di morte. In questo breve romanzo c'è tutto questo: un uomo a metà, ateo ma influenzato dalla religione dei suoi padri, segnato dalla morte precoce della madre, che nessuna donna della sua vita, evidentemente, ha mai potuto eguagliare. Un uomo dei suoi tempi, che vive la rivoluzione sessuale degli anni 60 e anela alla libertà: la propria e quella altrui. Ha avuto il coraggio di non restare sposato e di non fare figli, in modo che non limitassero la sua libertà. Scelta opinabile, per alcuni egoistica ma molto coraggiosa perché qualsiasi decisione noi possiamo prendere per la nostra vita, se è quello che vogliamo veramente e di cui noi abbiamo bisogno, è la decisione più giusta. Ho camminato al fianco di questo professore che non vuole invecchiare, che ricerca la giovinezza nei corpi delle sue studentesse per nutrirsi di gioventù e non farsi divorare dalla senilità. Un uomo che fugge ai sentimenti ma che adora i corpi, soprattutto quello di Consuela, che con i suoi fianchi rotondi, i suoi seni pieni e morbidi e i suoi modi garbati e di classe, lo manda in estasi. Donna che lo cattura nella sua rete e lo segna fino alla fine dei suoi giorni.
Troviamo in questo romanzo la contrapposizione tra Eros e Tanathos: l'essenza della vita. Alla fine la vecchiaia di Kepesh vince sulla gioventù della studentessa, consumata dalla malattia, che la porta più vicina alla fine di quanto lui non sia mai stato.

Un romanzo triste ed angosciante, fortemente maturo e vissuto, ragione per cui non ha raccolto il mio pieno consenso trovandomi impreparato su ciò che l'anzianità e l'amore possono produrre quando vengono ad incontrarsi. Una scrittura schietta e diretta che è sintesi di ammirazione intrigante e sensuale, quella che Kepesch (Roth) ha del corpo della donna.
L'animale morente è un libro che parla di desiderio, di libertà e rivoluzione sessuale, di vecchiaia, di figli arrabbiati, di malattia ma soprattutto racconta di un'ossessione. Ossessione per qualcosa che si ha e che già sai di dover perdere.
Sesso e desiderio sono usati come veicolo per sfuggire all'età che avanza e all'inevitabile morte che, come spesso avviene, penetra attraverso altre porte.
Dal solito linguaggio spudorato e diretto di chi sa il fatto suo, Roth riesce a dividere. Infatti il suo stile può provocare fastidio ai più sensibili a questo tema oppure può catturare l'attenzione e far vivere sensazioni multisensoriali rendendo l'esperienza della lettura diversa dal solito.
Philip Roth scruta nella vita della gente e ne racconta gli aspetti che più lo colpiscono, spesso i più bizzarri, a volte i più tristi, tuttavia li rende sempre esattamente come sono: vivi e vitali. Palpitanti come il sesso tra un uomo che lotta contro la vecchiaia e una ragazza giovane e bella che lotta contro la morte.

Il racconto e le descrizioni rendono perfettamente l'idea di come il professore rifugga il contatto umano e di come il rapporto sia rigorosamente basato sul sano appetito animale. Ogni altro elemento umanizzante è rigorosamente vietato. A tale scopo, ci sono dei ricordi di passate relazioni, tutte improntate a un salutare ed essenziale egoismo. Il tutto è descritto in modo brillante, preciso, forse irritante (volutamente). Il finale fa nascere nel professore la tentazione di andare oltre il corpo e di guardare all'essere umano che abita l'animale. Ma al suo fianco c'è sempre la voce del suo angelo custode che lo consiglia saggiamente e che non lo lascia mai: "scappa finchè sei in tempo, o per te sarà la fine". E' strano come David Kepesch, un uomo tanto amante della letteratura e della poesia, tenti di vivere in modo così totalmente alieno da ogni sentimento e da ogni relazione che non sia con il suo appetito.



Il mio voto: 4



Enrico

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