RECENSIONE | LA LEGGENDA DEL VENTO... infinite realtà

La leggenda del vento (The Dark Tower: The Wind Through the Keyhole) è un romanzo di Stephen King del 2012, facente parte della serie La Torre Nera. Come tale, ne costituisce l'ottavo episodio ma si colloca cronologicamente tra il quarto e il quinto volume.
Quando Roland Deschain, in viaggio con i suoi amici, grazie a un vecchio, scopre l'arrivo dello Starkblast, una tempesta di incredibile potenza capace di congelare qualsiasi cosa al suo tocco, la compagnia trova rifugio in un villaggio abbandonato. Per combattere la paura e la noia, Roland racconta due storie, una racchiusa nell'altra, come matriosche. Entrambe riguardano la sua infanzia. La prima narra di quando, un tempo, il padre lo mandò al confine del territorio a combattere lo skin-man, la seconda è una favola che Gabrielle Deschain, sua madre, raccontava al figlio quando era bambino.
Libro che viene pubblicato quando il ciclo de La Torre Nera si era ormai concluso da quasi 10 anni ma nella prefazione Stephen King spiega i perché di questo ritorno.
E' un altro momento flashback, in cui si ferma l'azione e Roland racconta. Così come era stato per La sfera del buio, dove ci narrava del suo primo e infelice amore, qui narra invece una delle sue prime imprese da pistolero.

C'è la storia dello skin-man e la favola di Bill, entrambe molto godibili e pervase da atmosfere fantastiche e horror allo stesso tempo. Il punto di forza sono i particolari mirabili ed inaspettati che mescolano reale e soprannaturale con grande maestria. Un gioco da ragazzi per un autore ormai navigato che ha avuto come maestra nientepopodimeno che Shirley Jackson.
Per quanto mi riguarda gli spin-off, spesso, sono solo un pretesto per gli scrittori di guadagnare sull'onda del successo della saga principale ma per Stephen King mi devo ricredere. Chi ha letto la saga e arriva a questo punto sa che non è lo scrittore che inventa ma sono i personaggi che chiedono di venire ascoltati. Roland aveva altre due storie da raccontare per incantare il suo ka-tet e tutti noi.
Due storie sia connesse che scollegate all'intera saga. Qualcuno potrebbe storcere il naso di fronte a termini normalmente usati nel Medio-Mondo ma si sa, nel cammino verso la Torre Nera, sul corso del Vettore, tutto è possibile e infinite realtà si mescolano per crearne una unica e misteriosa.
Per riuscire nell'intento, inizialmente, Stephen King utilizza una prosa più scarna del solito, senza indulgere in descrizioni, riassunti e tratteggi psicologici. Piazza il lettore in mezzo a Roland e ai suoi compagni, a scatola chiusa, per quello che realmente sono. Non si vuole creare affezione ma solo dipingere un contesto.

Proprio nell'iniziare il racconto di un Roland adolescente il tono cambia, si fa più morbido e colloquiale, riportando alle reali atmosfere che caratterizzano la storia del pistolero. Il corpo centrale del romanzo è una chicca in cui Stephen King fa ciò che gli riesce meglio: confezionare un'avventura in cui speranze e paure dell'infanzia la fanno da padroni.
Roland racconta del suo viaggio a Debaria, alla ricerca di un efferato assassino. Questi, purtroppo, non è un semplice uomo bensì uno skin-man, un cambiaforma. Dopo l'ennesimo attacco sanguinoso, Roland prende in consegna il piccolo Bill, unico testimone rimasto in vita che potrebbe riconoscere la vera forma dell'assassino.
In attesa di veder sfilare i sospettati e per tenere Bill tranquillo, il giovane pistolero gli racconta una favola che risale alla sua infanzia. E' la storia del piccolo Tim, un bambino coraggioso che vive ai margini della Foresta Infinita. Per salvare la propria madre dalla violenza del patrigno, Tim farà l'errore di fidarsi di un oscuro essere venuto da Gilead e si inoltrerà nella Foresta per incontrare il leggendario Maerlyn e ottenere da lui una cura per i danni alla vista subiti dalla madre. La fiaba è cruda, violenta, poco consolatoria ma contiene quel barlume di speranza di cui ogni bambino e, di conseguenza, ogni adulto ha bisogno. Sarà proprio uno Starkblast, tempesta identica a quella che nel presente sta tenendo bloccati Roland e i suoi, ad offrire a Tim la possibilità di ottenere ciò di cui è in cerca.

Il marchio de La Torre Nera è una garanzia. Il romanzo numero 8, che va letto come numero 4,5 ovvero prima de I lupi del Calla, è l'ennesima dimostrazione della superiorità assoluta di Stephen King. Sicuramente non è più il RE degli inizi ma racconta storie come pochi altri sanno fare.
Per chi c'è dal lontano 1982, ritrovare Roland, figlio di Steven e Gabrielle Deschain, di Gilead che fu, è una boccata di ossigeno puro. Quanto mi è mancato, quanto mi sono mancati tutti loro.
Sono tornati e li salutiamo. Il dinh Roland e il suo ka-tet.  E di nuovo aye, e di nuovo hile ai pistoleri del Medio Mondo.
Leggere dopo anni una nuova puntata di questa lunga epopea ha un effetto strano. E' molta l'aspettativa ma anche grande la malinconia perché sappiamo che comunque la storia finirà, anzi è già finita. Eppure, è più che comprensibile il desiderio dell'autore di dire ancora qualcosa e di non abbandonare il suo ka-tet. Ribadisco che King, nella prefazione, afferma che non è necessario conoscere l'opera nel suo complesso per leggere il nuovo libro ma questa è una comprensibile piccola bugia: in realtà apprezzare questo volume senza il quadro d'insieme richiede una buona dose di pazienza. Conoscendo bene la saga, ed essendo quindi di parte, non saprei affermare se il RE riesce nell'intento di offrire il romanzo anche a lettori ignari della Torre Nera.

Le ultime parole su La leggenda del vento sono riservate allo stile, sempre inimitabile dello scrittore, così scorrevole e immediato da far sembrare le ore passate a leggere solo pochi minuti.. 
Descrizioni di un mondo creato con proprie regole, un misto tra il Far West e la modernità, un mix unico che confonde, alle volte, ma è proprio per questo che piace.
Stephen King ritorna nella saga che gli ha dato tanta popolarità e tanti nuovi lettori con un nuovo libro pieno di suspance, tensione e con un tocco visionario da autentico re della narrazione. Stupisce come riesca a inventare ancora e a inserire, in una storia già completata, un episodio in modo tanto perfetto. Un appuntamento irrinunciabile.




Il mio voto: 7



Enrico

Commenti

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