RECENSIONE | L'UOMO DI PAGLIA... le fibre scure dello spaventapasseri

L'uomo di paglia (The Scarecrow) è un romanzo di Michael Connelly edito nel 2009 che non vede però protagonista Harry Bosch bensì Jack McEvoy, gradito ritorno di uno dei personaggi che più amo dell'universo connellyano dopo il grande successo del romanzo Il poeta.
Fa parte di quelle opere autoconclusive che non rientrano né nella fortunatissima serie dedicata al detective Harry Bosch né in quella incentrata sul suo fratellastro, Mickey Haller, noto avvocato di Los Angeles, considerato uno dei migliori della città.

Jack McEvoy, giornalista di nera del LA Times, è prossimo al licenziamento: l'avvento di Internet e dei media digitali sta progressivamente erodendo il giornalismo tradizionale e nonostante la lunga militanza e il grande successo ottenuto dodici anni prima con Il Poeta, è nella lista dei 100 dipendenti da tagliare. Gli restano così solo due settimane nelle quali è alla ricerca dello scoop della sua carriera che induca la direzione a cambiare idea e l'occasione propizia sembra essere rappresentata dall'arresto del sedicenne nero Alonso Winslow, accusato dell'omicidio di una ballerina. McEvoy trova un'analogia con un altro omicidio simile e vuole scoprire chi è il vero assassino ma si troverà ad affrontare un pericoloso percorso insieme all'agente federale, nonché sua ex amante, Rachel Walling. I due, presi dalla vicenda e da un possibile ritorno di fiamma, sono convinti di avere a che fare con un killer moderno, il quale sfrutta la rete informatica per compiere i suoi crimini, e che si nasconde dietro a una web farm.

Mi sono trovato di fronte ad un thriller dai ritmi sostenuti, ambientato nel mondo del giornalismo, con incursioni di hacker e di profiler FBI. Un mondo bellissimo ed elettrizzante. La grande protagonista è l’intelligenza, affinacata al suo socio, l’intuito. Sullo sfondo c’è la grande invadenza che Internet opera nelle nostre vite.
Peculiari come sempre i personaggi, alto il ritmo ed intrigante lo stile che racconta di rotte di collisione fra assassini e vittime, fra giornalisti ed investigatori, fra colleghi di lavoro, fra vecchie volpi e giovani rampanti. All’insegna del buon giornalismo, che non è solo limitarsi a raccontare 'ciò che è successo', ma dare agli articoli ampiezza e profondità. Per chi segue e legge Connelly da tempo è stato piacevole e nostalgico il richiamo alla teoria dell’unico proiettile, ovvero dell’amore di una vita sognato e desiderato dalla Walling. E’ bello esserne segnati.
La storia è questo e molto altro, i personaggi fanno subito presa sul lettore, mi piace molto il modo di scrivere di Connelly, coinvolgente sin dalla prima riga. Come ho già avuto modo di dire in altre mie recensioni, è lo scrittore che più mi ha intrigato e appassionato negli ultimi anni, tanto da scalare le gerarchie e conquistarsi uno dei primissimi posti tra i miei autori preferiti anche se non ritengo questo il migliore suo thriller.
Rimane valida la sua capacità di articolare una storia dalla trama avvincente con personaggi che scatenano nell’immediato empatia o, nel caso del killer, il desiderio di 'fargliela pagare' come pochi altri autori riescono a fare.

Anche questa volta sono rimasto un po' deluso. Sarà che ci si aspettano sempre grandi cose dal nostro Michael ma questo libro non mi ha convinto del tutto. Non c'è più il mordente dei vecchi thriller e le prime cento pagine sono proprio lente.
Un'idea del killer non male ma il resto si dipana velocemente, perfetto per un film, con alcune situazioni inverosimili o soluzioni frettolose. Il personaggio del giornalista che narra in prima persona è un novello Sherlock Holmes che trova e intuisce tutto ma che potrebbe non irradiare tantissima simpatia al novello lettore connellyano.
L'uomo di paglia ha un grande neo, il finale, perché sai chi è l’assassino già arrivato a metà della storia ed il modo in cui anche i protagonisti arrivano a scoprirlo poteva essere un po' più scoppiettante. E' tutto lasciato così al caso, senza spiegare la psicologia e le motivazioni dello Spaventapasseri, forse troppa tecnologia, fatto sta che non è il suo miglior lavoro.
Mi dispiace dare un voto così basso a Michael Connelly, di cui ho letto quasi tutto, ma qui siamo lontani anni luce ai suoi capolavori. Certo rimane un buon thriller che consiglio, soprattutto per il suo stile inconfondibile, però da uno come lui ci si aspetta ben altro.



Il mio voto: 6



Enrico

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