RECENSIONE | CUJO... i morsi della paura
Cujo (Cujo) è un romanzo di Stephen King pubblicato per la prima volta nel 1981 che ha come protagonista un grosso San Bernardo e la sua lenta ma inesorabile metamorfosi. La rabbia nel cane è al centro di tutta la storia e funge da filo conduttore nell'intreccio narrativo.
La lettura cronologica kinghiana mi ha così portato alla 'prima volta' con uno dei libri del RE che più temevo fin da quando ho iniziato a collezionarlo all'età di 14 anni. A quel tempo infatti la mia paura per i cani era enorme, complice il fatto di aver avuto da piccolino una spiacevole avventura con questo genere animalesco che mi ha tenuto lontano dalla storia per molto tempo e successivamente passata poi in secondo piano per dare precedenza ad altre perchè sempre accompagnato da quel particolare ricordo.
Ironicamente posso dire che finalmente ho raccolto tutto il coraggio possibile e l'ho affrontato prendendo la fobia per la gola, aiutato anche da un particolare che mi ha distratto portandomi con la mente a fantasticare e a dare una personalissima dimensione alla fittizia cittadina di Castle Rock nel Maine. Proprio quella Castle Rock a noi tanto cara in cui King ambienta molte delle sue storie, prima tra tutte questa.
Se vogliamo essere precisi non è qui che la si sente nominare per la prima volta, già in La zona morta il protagonista, un giovane con poteri psichici, ne calca le strade per stanare Frank Dodd, il vice sceriffo la cui violenza inaudita è stata l'episodio centrale della prima parte di quella storia e che in Cujo è l'incipit da cui tutto ha inizio. Adoro, amo alla follia queste piccole incursioni che Stephen riserva ai suoi lettori.
Cujo è un San Bernardo
ed appartiene a Brett Camber, figlio del meccanico Joe Camber, che vive
nella periferia di Castle Rock. Il cane viene descritto come
docilissimo, di indole giocosa e amante dei bambini, al punto da farsi
cavalcare dal piccolo Tad Trenton, figlio di Vic e di Donna Trenton, l'altra
famigliola protagonista della vicenda.
Tuttavia in una soleggiata giornata di giugno del 1980, inseguendo un coniglio selvatico,
Cujo si ritrova con la testa incastrata in una piccola caverna
infestata dai pipistrelli. Da uno di questi viene morso, contraendo
così la rabbia. Da quel momento l'animale è vittima di una lenta e dolorosa
trasformazione che si manifesta in lancinanti dolori concentrati
principalmente nella regione cerebrale, e che gli causa terribili
allucinazioni che lo portano a vedere tutti come nemici. Questo
angosciante processo lo trasforma in un mostro aggressivo ed arriva ad
attaccare Joe Camber ed il suo vicino Gary Pervier uccidendoli.
In mezzo a questa tensione, il lavoro di Vic va male, ed è costretto ad allontanarsi per un viaggio di lavoro nel Massachusetts.
Donna, a casa sola con Tad, porta la Ford Pinto di famiglia dai Camber
per una riparazione ma l'auto si guasta non appena raggiunge la
fattoria dove Joe è morto, Charity (la moglie) è in visita alla sorella
Holly e non c'è nessuno se non Cujo. Il cane rabbioso
assedia il piccolo Tad e sua madre che sono costretti a rimanere
prigionieri all'interno della loro auto, con l'animale che cerca più
volte di sfondare portiere e finestrini.
La caratteristica principale di questo libro è il monologo interiore e, secondariamente, che il punto di vista proposto è saltuariamente quello del cane. Ci sono tre soggetti principali, la famiglia Trenton, la famiglia Camber e Cujo le cui vicende si incastrano come perfetti pezzi di puzzle in una diffidenza tipica non solo delle piccole cittadine del Maine ma di tutto il mondo. Tutti conoscono qualsiasi cosa di chiunque, perfino il cane sembra essere a conoscenza dei segreti turbamenti delle due famiglie.
Tutto è amalgamato alla perfezione con quei lunghi dialoghi interiori che King costruisce per ogni personaggio, compreso quello di Cujo che svela poco alla volta l'insorgere e il crescere dell'infenzione che lo porterà alla pazzia trasformandolo in quel mostro dagli occhi di sangue che il piccolo Tad crede di vedere nella sua testa. Qui si vede anche la maestria che lo scrittore ha di creare e rendere credibile un personaggio come Donna Trenton, una giovane moglie logorata dai sensi di colpa che si manifestano con un atteggimento quasi bipolare, accentuato dalla sfortunata situazione in cui viene a trovarsi.
Questo è ciò che racconta Stephen King: un acuto osservatore di una realtà che, per
vissuto ed esperienza, egli conosce bene, la realtà della piccola
provincia americana, un microcosmo nel quale si rispecchiano e risplendono
vizi e virtù dell’americano medio e che agisce come un'enorme cassa di risonanza, e perciò quando
s'incappa nella normale malvagità dell’animo umano, questa si trasforma
in un vero e proprio mostro: indifferenza, ipocrisia, cattiveria gratuita ed egoismo.
Ancora una volta l'autore ci dimostra che la scrittura non è solo piacere, è anche fatica, e non si tira
indietro, non bara, non si concede "licenze poetiche", egli scrive solo
di ciò che sa, e se non lo sa si informa. Un esempio? La sua competenza medica che, poiché King medico non è, rappresenta il
risultato di un certosino e scrupoloso lavoro d’accurata
ricerca che ci prova come prenda
maledettamente sul serio il suo lavoro.
Ciò che mi suscita profonda ammirazione è il suo immedesimarsi nel personaggio,
quell’essere tutt’uno con la propria creatura, quel parlare e pensare ed
essere effettivamente come lui. Qui il RE letteralmente si trasforma in Cujo, come se fossimo
dentro il cervello dell’animale e ne vedessimo scorrere i ragionamenti,
le idee, la sofferenza.
Sotto quest’ottica considero Cujo la storia un po’ banale di una
famiglia che sta sfaldandosi, priva di valori morali o in ogni caso
d'idee, pensieri, emozioni di pura umanità per cui valga davvero la pena
vivere.
Il padre Vic completamente preso dal lavoro di pubblicitario che sta
andando a rotoli e dai suoi nevrotici problemi di carriera, la madre
Donna, frustrata e inconcludente, che non trova di meglio che finire a
letto con il rubacuori del paese, e il piccolo Tadder, spaventato dai
mostri della solitudine, dell’indifferenza, della sordità alle sue
richieste di conforto e attenzioni, autentici mostri questi, assai più
reali e dolorosi di quelli ipotetici che si nascondono nel
ripostiglio.
Bel libro, un King non ancora addentrato nel
fantasy e capace con poco di creare una storia in grado di appassionarmi e commuovermi. Di quelle che ti fanno distogliere gli occhi
perchè non vuoi sapere, ma che subito te li attirano con forza sulla
pagina perchè invece sì che ti vuoi spaventare. Quelle storie che
finiscono troppo presto.
Il mio voto: 8
Enrico
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