RECENSIONE | LA CANZONE DI SUSANNAH... il tempo è sempre ora
La canzone di Susannah (The Dark Tower VI: Song of Susannah) è un romanzo fantasy del 2004 di Stephen King, sesto libro della serie La Torre Nera. La fine della Torre è sempre più vicina. Solo due Vettori sono rimasti a sorreggerla, e quando crolleranno il perno dell'universo salterà e la realtà sarà sommersa dalle tenebre. Roland Deschain, l'ultimo cavaliere, e la sua banda combattono valorosamente l'avanzata del male, ma ora il gruppo non è più compatto. Il demone-femmina che si è impadronito del corpo di Susannah, la moglie di Eddie, ha usato la sfera del buio per trasportarsi dal Medio-Mondo nella New York del 1999: proprio qui, in un punto preciso di Manhattan, dovrà partorire la creatura concepita per distruggere la Torre. Sulle sue tracce si precipitano il piccolo Jake, Oy, il bimbolo parlante, e Père Callaban, per impedire che la donna arrivi all'appuntamento fatale.
La storia è ambientata principalmente nel nostro mondo (New York ed East Stoneham, nel Maine). Il Ka-Tet viene diviso in diversi 'Dove' e 'Quando' per poter raggiungere diversi obiettivi nella fantastica corsa verso la misteriosa Torre Nera. Susannah è parzialmente intrappolata nella sua mente, mentre Mia, l'ex demone ora gravida, ha portato il suo corpo a New York nell'estate del 1999. Jake, Oy e Callahan la seguono in questa New York per poterla salvare dal pericolo creato dalla nuova personalità che l'ha consegnata agli adepti dell'Uomo in Nero. Inoltre, nonostante le origini biologiche del nascituro, il Ka-Tet teme che possa essere in qualche modo demoniaco e che possa farle del male. Nel frattempo, Roland e Eddie viaggiano nel Maine del 1977 con l'obiettivo di assicurarsi il possesso del lotto di terra di New York dall'attuale proprietario, un uomo di nome Calvin Torre. I pistoleri hanno visto e sentito il potere della rosa che vi cresce e sospettano che sia un secondo fulcro dell'Universo, o perfino una rappresentazione della Torre stessa.
Fino a questo volume, Susannah, è stato un personaggio quasi ambiguo che divide le masse in coloro che la amano e quelli che la odiano, senza mezze misure. Aver creato una pistolera senza gambe, costretta a muoversi su una sedia a rotelle, era stato un colpo niente male ma il personaggio era un po' 'né carne né pesce'. Ma questo è Stephen King.
Ti fa amare un personaggio quasi anonimo che finalmente si caratterizza, in perenne conflitto con se stesso e non solo a causa delle numerose personalità che risiedono in lei ma forte, razionale e, soprattutto, allergico a raccontarsi storie. Una Susannah alle prese con una Mia ben più pericolosa di Detta, madre nel modo più bizzarro che si possa immaginare e che si afferma e conferma pistolera. Un istante dopo aver partorito, spara al figlio.
Se I lupi del Calla narrava una sua vicenda autoconclusiva, lasciando però aperte alcune porte, La canzone di Susannah abbandona completamente quello stile per diventare il tassello centrale di un puzzle composto dagli ultimi tre libri della saga. Non si ha infatti un inizio, uno svolgimento e una fine ma solamente lo svolgimento che riprende e sviluppa quanto era stato lasciato in sospeso con il libro precedente e lo proietta verso la conclusione nel volume successivo. La canzone di Susannah è un ponte narrativo indispensabile che funziona alla perfezione.
La carne messa al fuoco in questo libro è molta, nonostante il minor numero di pagine dei suoi predecessori. Un primo grande colpo di scena nello scoprire chi è il padre di Mordred, uno dei momenti meglio costruiti di tutta la saga. Stephen King, ora, ha dei piani più precisi e si esibisce in un esempio di continuità retroattiva che fa combaciare le sue nuove idee con quello già accaduto.
Entrano poi in scena i cosiddetti uomini bassi, che erano stati nominati nel romanzo precedente da Callahan, così come viene portato avanti il progetto di acquisto del terreno con la rosa-vettore. Ed è in mezzo a questi sviluppi che si legge del secondo colpo di scena del libro, ancora più sbalorditivo del precedente, quello che aleggiava fin dal volume precedente: Stephen King che cita se stesso in una maniera geniale. Credetemi, verrete risucchiati, come me, in un loop.
Lo stile coinvolgente di Stephen King, unito alla sua capacità di generare tensione, trascina il lettore in una spirale impossibile da abbandonare finché non si conclude il libro. Avevo una curiosità pazzesca di sapere, capire e scoprire dove la penna del RE mi avrebbe portato, quale altra idea avrebbe tirato fuori dal suo cappello a cilindro. Se poi aggiungiamo, come finale, un brano tratto dal diario di un personaggio (innominabile qui, causa spoiler), l'effetto è assolutamente assicurato. Fantastico.
Qualche difetto però c'è. L'inizio è decisamente più lento del resto del romanzo. Poi, chiunque abbia letto un libro di Stephen King sa che questi conosce tutti i suoi personaggi, dal primo all'ultimo, come le sue tasche, un'ottima cosa con quelli fondamentali ma con quelli che appaiono per tre minuti decisamente no. La canzone di Susannah ha qualcosa come una quindicina di pagine dedicate a un qualcuno che nella vicenda ha un ruolo marginale e che sparisce subito dopo per non apparire più.
Il ritmo del romanzo procede in modo incalzante e imprevedibile. Un po' grazie ai colpi di scena, un po' grazie alla sequela di eventi che si verificano uno dietro l'altro, ho trovato difficile staccarmi dalla lettura.
Le piccole sbavature sono comunque davvero poco rilevanti. La canzone di Susannah è un ottimo romanzo, coinvolgente ed efficace, che raggiunge livelli eccellenti di caratterizzazione dei personaggi, un mix perfetto di colpi di scena e tensione. È un tipico esempio in cui il 'libro-ponte' verso il volume finale non funziona da semplice connettivo 'allunga-brodo'. Un romanzo che ha molto da dire. Siamo quasi alla fine ormai.
La Torre Nera è sempre più vicina.
Stringiamoci al nostro Dinh Roland e prepariamoci all'ultima parte del viaggio.
La Torre Nera è sempre più vicina.
Stringiamoci al nostro Dinh Roland e prepariamoci all'ultima parte del viaggio.
Il mio voto: 7
Enrico
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